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The Vertebral Subluxation Complex

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Buona Domenica a tutti.
Con l’articolo di oggi, vorrei parlarvi dell’importanza di correggere la sublussazione vertebrale descrivendo come essa realmente influenza il nostro sistema corpo Allerta spoiler: l’articolo/spiegazione di oggi è molto complicato visto che è ricco di accenni alla neuroanatomia e neurofisiologia. Questo è voluto, perché vuole dimostrare come la Chiropratica sia fondata su solide basi scientifiche, e che nulla è lasciato al caso. Mi scuso altresì, se lo scritto risulterà di conseguenza un poco noioso.
Il “Vertebral Subluxation Complex” (complesso della sublussazione vertebrale), include quattro essenziali componenti:
– La componente Miopatologica – Si manifesta con ipertonicità, spasmo/rigidità e trigger points nel muscolo intimamente connesso alla sublussazione vertebrale. Col tempo, questa condizione altera l’istologia del muscolo, come in seguito a lesione muscolare, provocando proliferazione di tessuto fibrotico a scapito di quello muscolare. Facciamo un passo indietro però: a livello neuroanatomico, ogni fibra muscolare è circondata da organelli propriocettivi chiamati fusi neuromuscolari che informano il SNC riguardo la lunghezza/stiramento della fibra stessa; così come i tendini sono ricchi di altri organelli chiamati organi tendinei del Golgi che invece mandano informazioni riguardo la quantità di tensione a livello tendineo (che ricordiamo essere la continuazione del muscolo che poi si inserisce sull’osso). Come informano il SNC? Attraverso il sistema afferente Spinocerebellare dorsale: attraverso le fibre afferenti Aα e Aβ, trasmettono il segnale al midollo; qui vi è sinapsi con le cellule della colonna di Clarke; il secondo neurone poi trasmette direttamente al Cervelletto che elabora le informazioni. Ora, in seguito al cambiamento fibrotico del muscolo, questi organelli vengono a mancare e avviene “deafferentazione”: ovvero una sorta di atrofia (perche meno stimoli centripeti) e degenerazione Walleriana delle giunzioni sinaptiche. Lo stesso Cervelletto, ricevendo meno informazioni, risponderà di conseguenza in maniera meno precisa e più blanda (ricordiamo che il Cervelletto è la parte del nostro “computer” addetta alla precisione e coordinazione di ogni nostro movimento corporeo).
– La componente Kinesiopatologica – Molto semplice, la sublussazione comporta una variazione morfologica dell’articolazione, ossia distorsione e gonfiore della capsula: la diminuzione del movimento fisiologico ne è la conseguenza.
– La componente Istopatologica – Come citato prima, il movimento anormale della joint comporta col tempo degenerazione/artrosi locale. Come ogni cambiamento osteoartritico, avviene un rilascio di componenti chimici che favoriscono l’infiammazione, come serotonina, istamina, sostanza P, bradichinine e prostaglandine. Questi elementi eccitano in nocicettori (meccanorecettori tipo IV dell’articolazione) che trasmettono l’impulso al cervello tramite la via Spinotalamica (fibre C e Aδ) e di conseguenza sperimentiamo –non sempre tuttavia, il dolore. Anche qui però dobbiamo fare un passo indietro. Nel tessuto articolare sano, troviamo altri meccanorecettori, in particolare Pacini e Ruffini, che inviano impulsi al SNC riguardo la posizione dell’articolazione. In seguito ai cambiamenti artritici, vi è distruzione del tessuto, quindi meno corpuscoli P. e R., deafferentazione, degenerazione anterograda dei neuroni afferenti, meno informazioni al nostro computer e problematiche su più piani (discorso simile al precedente).
– La componente Neurofisiopatologica – E’ un po’ la summa di tutte le componenti precedenti; consiste nell’alterazione del traffico neurale a causa del blocco delle afferenze fin qui citato (quindi la causa non è tanto una compressione oggettiva e meccanica del nervo stesso, ma mancanza di impulsi corretti). Col tempo il sistema nervoso perde efficienza e gli stessi impulsi neocorticali risulteranno più primitivi.

La presenza di dolore, alla luce di tutto ciò, è secondaria ma soprattutto aleatoria, poiché dipende da numerosi altri fattori come la plasticità e la capacità di modulazione del dolore da parte del SNC (diverso da persona a persona), sue precedenti lesioni, il substrato emozionale e sociale dell’individuo, le influenze chimiche (come l’alimentazione).
Inoltre, solo un terzo delle fibre che compongono il fascio Spinotalamico (addetto alla trasmissione del “dolore”) trasmettono impulsi alla corteccia sensitiva primaria permettendoci di descrivere e localizzare con precisione il dolore. I restanti due terzi invece, vanno al sistema Ponto-Medullare-Reticolare dove sono localizzati i nuclei del nervo Vago, sede dei nostri centri vitali (respirazione, attività cardiaca,…). Input alterati possono di conseguenza modificare le risposte in questo campo, come un cambiamento della pressione sanguigna per esempio. Quindi, il dolore non può essere accettato come unico elemento per stabilire la problematica, perché la sublussazione può comportare alterazioni su più piani.

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